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Considerazioni sui segni solidi
Giuseppe Bezza |
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I segni dello zodiaco hanno diverse denominazioni
in accordo alle diverse nature che gli astrologi hanno riconosciuto in
loro. Queste nature o sono per sé o sono in rapporto ad altro: le prime
dipendono unicamente dal moto dello zodiaco, le seconde dalle relazioni
che con i segni hanno i due luminari e i cinque astri erranti. La prima divisione dei segni per sé è quella che
Tolemeo ricorda in quadr. I, 11
e costituisce la loro prima denominazione qualitativa: i segni sono
distinti in mobili, solidi, bicorporei. Ad essa seguirà la divisione per
genere, maschile e femminile. Questa prima divisione dei segni è in primo
luogo una distinzione qualitativa del tempo, di cui lo zodiaco vuole
essere misura; ma in secondo luogo può essere assunta come una
differenziazione qualitativa delle diverse parti dello zodiaco. D'altro
canto, circa tre secoli prima dell'evidenza di una letteratura astrologica
erudita e matematicamente fondata, abbiamo testimonianza dell'uso dei
segni zodiacali come misura temporale nei parapegmata di Metone ed
Euctemone. Diviso l'anno in quattro parti secondo i solstizi e gli equinozi, ciascuna di esse deve avere un proprio, distintivo temperamento. Questo temperamento, poiché è generato nel tempo, deve avere un'insorgenza e una dissoluzione e, tra questi due estremi, vi ha da essere necessariamente un medio che costituisca l'espressione che meglio conviene alla semplicità del temperamento medesimo. Bisogna notare che delle due divisioni primarie,
quella che dipende da qualcosa che è altro da sé costituisce la parte più
tecnica dell'arte astrologica e può non essere accolta da tutti gli
uomini di scienza, non da tutti i filosofi. Per questo motivo, Keplero, ad
esempio, e Placido Titi la rifiutarono a loro tempo. Al contrario, la
divisione che si fonda su distinzioni qualitative del tempo non abbisogna
di argomentazioni inerenti alla tecnica astrologica. Per questo motivo fu
generalmente accettata anche al di fuori dell'ambito astrologico. Una
compilazione medica di ispirazione pitagorica dice che la parte mediana di
ogni stagione esprime il temperamento più puro (
thn eilikrinhstathn... krasin)
)[1]
e negli scholia agli Aratea di Germanico, che non è un testo astrologico,
possiamo leggere la definizione del to poion, delle nature effettrici di
questi diversi temperamenti dei segni: i
segni tropici presiedono alle terre straniere e presentano di volta in
volta impulsi e propositi affatto diversi; i segni biformi significano la
ripetizione di ogni cosa generata e talora ritardi e rinvii; i solidi
portano a compimento con energia e con ardore e conducono all'esito ogni
cosa, sia prospera od avversa, secondo che sono osservati da stelle
giovevoli o contrarie[2]. Sappiamo che i segni dello zodiaco hanno ricevuto
un gran numero di denominazioni: nella letteratura di lingua greca se ne
contano diverse centinaia. Ogni denominazione rivela un particolare
comportamento o modo d'essere; e può riferirsi al segno matematico e
immateriale (dwdekathmorion
), al segno materiale composto di stelle e di
figure (eidwlon, zwdion), al segno in quanto espressione di una natura
elementare (stoiceion) e, infine, alla natura che il segno assume per il
suo rapporto con i pianeti. Di tutte queste denominazioni, quelle che
rilevano dal tempo, le sole che qui ci interessano, appartengono al primo
tipo e il loro comportamento è descritto nel capitolo del quadr.
ove Tolemeo tratta dell'animo umano. Per comprendere questo capitolo è necessario
riandare alla teoria greca dell'anima o, meglio, a quanto Tolemeo
recepisce di questa teoria. Nel Manuale di armonia, Tolemeo propone due
distinzioni tripartite dell'anima, la prima delle quali è aristotelica e
può essere definita, secondo Alessandro d'Afrodisia, nel modo seguente: La prima comprende le facoltà proprie della
pianta, la seconda quelle che sono proprie dell'animale, la terza concerne
quelle sole che sono dell'essere umano. Ora, le facoltà dell'anima devono
essere pari in numero agli accordi consonanti, quali sono codificati dalle
leggi dell'armonia, in modo che le facoltà delle funzioni inferiori,
essendo parziali, corrispondano alle specie degli accordi parziali, ovvero
di quarta e di quinta. Vi è quindi un intimo rapporto, secondo il
matematico alessandrino, tra gli intervalli consonanti e le parti
dell'anima: l'ottava si accorda alla funeione razionale dell'animo, giacché
in entrambe vi è il semplice, l'uguale, l'indiviso; la quinta alla facoltà
sensitiva, la quarta alla facoltà vegetativa. Queste analogie sono poste
da Tolemeo nel modo che segue: Tre
sono le parti principali dell’animo: l’intellettiva, la sensitiva, la
vegetativa e tre sono i primi intervalli omofoni e consonanti: l’ottava
omofona e la quinta e la quarta consonanti. Ora, l’ottava si accorda
alla facoltà intellettiva, poiché in entrambe vi è soprattutto il
semplice, l’uguale e l’indiviso, la quinta alla facoltà sensitiva, la
quarta alla facoltà vegetativa. Invero, la quinta è più prossima
all’ottava che non la quarta, in quanto più consonante, poiché il suo
eccesso la rende più vicina all’uguaglianza ed inoltre la facoltà
sensitiva è più vicina all’intellettiva che non la vegetativa, in
quanto partecipa in qualche modo della sensazione. Infatti, dove vi è
essere non sempre vi è sensazione, ove vi è sensazione non sempre vi è
intelletto. Al contrario, ove vi è sensazione vi è anche essere, ove vi
è intelletto vi è anche sensazione ed essere. Allo stesso modo, dove vi
è la quarta non vi è la quinta, né laddove è la quinta vi è
l’ottava; al contrario, dove vi è la quinta, sempre vi è anche la
quarta e dove vi è l’ottava sempre vi è anche la quinta e la quarta,
perché le une sono proprie di commistioni e modulazioni imperfette, le
altre delle perfette[3]. Ove vi è essere non sempre vi è sensazione, ove
vi è sensazione non sempre vi è intelletto, ovvero: la perfezione
dell'essere richiede la specificità della causa agente, mentre
l'universalità della causa agente porta alla generazione di esseri
semplici e indifferenziati. L'essere è quindi la condizione primaria del
vivere, la più semplice e l'operazione dei cieli che deve rispondere ad
essa deve essere universale ed indifferenziata. Secondo una concezione
diffusa nel Medioevo, si stimava che, per il tramite del moto della sfera
più esterna, il primo mobile, il corpo ricevesse l'anima vegetativa e per
il concorso del moto dell'ottava sfera accogliesse in sé le funzioni
dell'anima sensitiva. Queste opinioni sono condannate da s. Tommaso[4]
e tuttavia saranno riprese in modo positivo fino al XVII secolo[5]. Si tratta tuttavia di una concezione che non è
estranea alla tripartizione tolemaica dell'animo in questo: il cerchio
che, nel suo moto, genera distinzioni qualitative parziali, non può che
generare le funzioni inferiori dell'animo. E questo cerchio è il primo
mobile, che trascina lo zodiaco nella sua rotazione annua e diurna. Sempre
nel Manuale di armonia, Tolemeo dice che questo cerchio si muove secondo
un ritmo ternario, in accordo all'anima vegetativa e secondo un ritmo
quaternario, in accordo all'anima sensitiva. In effetti, da null'altro le
dodici parti dello zodiaco hanno ricevuto le loro qualità, se non per il
tramite degli intervalli di quarta e di quinta: tramite l'intervallo di
quarta i segni sono distinti in mobili, solidi e bicorporei, tramite
l'intervallo di quinta in segni elementati: ignei, terrei, aerei e acquei. Pertanto, e questa è la prima conclusione, le
funzioni dell'anima vegetativa possiedono tre facoltà, uguali in numero
alla prima distinzione qualitativa dei segni: la facoltà del crescere,
dell'esercitare forza e vigore, di declinare e decrescere. Per contro, le
funzioni dell'anima sensitiva possiedono quattro facoltà, uguali in
numero alla seconda distinzione qualitativa dei segni: la vista,
l'odorato, il gusto (essendo il tatto riconosciuto da Tolemeo comune a
tutti i sensi). Queste ultime facoltà giungono al loro compimento, per
usare un'espressione medievale, nell' elementatio naturæ, poiché la
vista risponde al fuoco, l'udito all'aria e all'odorato, al gusto, al
tatto l'acqua e la terra[6]. Crescita, vigore, declino sono pertanto qualità
dei segni dello zodiaco in ciascuna delle quattro parti dell'anno:
il crescere è proprio del segno tropico, che dà inizio al tempo nuovo,
il vigore del solido, che questo tempo conferma, il declinare del
bicorporeo, che è così definito poiché già partecipa del tempo futuro.
Il loro significato proprio è concisamente definito da Leopoldo: “I
segni tropici significano la rapidità, i solidi la stabilità, i
bicorporei l'alterazione”[7].
In effetti Tolemeo mostra la diversa natura di
questi segni (come pure di quelli distinti per genere) in virtù del moto
del Sole: “Questi segni presero nome dall'evento che in essi si
produce”[8],
e Ibn Ridwan insiste su questo punto: Noi possiamo sapere le virtù dei
segni solo grazie al mutamento che il Sole opera in essi. Da questa
premessa, ne trae una conclusione: “I segni non hanno per sé alcun
effetto naturale, ma il loro effetto consiste nel mutamento che la virtù
del Sole opera in essi e inoltre dalla virtù delle altre stelle quando li
attraversano. I segni, pertanto, ci appaiono come materia, le stelle come
forma”[9].
Al modo medesimo di Tolemeo, Alcabizio nel suo Introductorium e
AbuMa’sar descrivono la natura di questi segni: il Sole nei tropici
manifesta il mutamento del tempo (intiqal az-zaman) e i segni tropici sono
così chiamati (munqalabah) poiché in essi vi è il mutare, il
trasformare (qalaba); i segni solidi manifestano la forza del tempo (quwwa
az-zaman)[10]. A questa separazione tra influsso indifferenziato e
universale e influsso specifico conviene la distinzione primaria,
nell'astronomia medievale, tra orbis
totalis e orbis partialis:
la prima è ogni orbita concentrica che ha per centro il centro della
Terra (centrum mundi), la
seconda ogni orbita eccentrica il cui centro è un punto geometrico che
non coincide con il centro della Terra. Orbes
partiales sono tutte le sfere planetarie, gli eccentrici e gli
epicicli, mentre l’orbis totalis
per eccellenza è il primum mobile[11].
Nel medioevo molti ritennero che in virtù del moto della sfera più
esterna, il primum mobile, il
corpo assumesse l'anima vegetativa, mentre con il concorso del moto
dell'ottava sfera giungessero al corpo le facoltà dell'anima sensitiva.
Questa opinione è rifiutata da s. Tommaso[12]
e nondimeno viene ricordata positivamente fino al XVII secolo[13].
Questa concezione non è tuttavia estranea alla
tripartizione tolemaica dell'anima in questo: i moti più semplici devono
convenire con le parti più basse dell'anima. Dice inoltre Tolemeo che
questi moti presentano un ritmo ternario nell'anima vegetativa, un ritmo
quaternario nell'anima sensitiva. Vi sono pertanto tre facoltà per
l'anima vegetativa: il crescere, il vigore e il declinare e quattro per
l'anima sensitiva: vista, udito, olfatto, gusto (il tatto a tutti i sensi
essendo comune). Queste ultime facoltà si realizzano nell'elementatio
naturae, poiché all'udito risponde l'aria, alla vista il fuoco,
all'olfatto, al gusto e al tatto l'acqua e la terra[14].
Quanto alle prime, si esprimono nel moto più semplice, che tutti gli
altri moti comprende ed abbraccia: un moto che deve essere percepibile ai
sensi, definibile per misura e per qualità, come è dei periodi naturali
del tempo: l'anno e il giorno. Sono inoltre qualità delle case della figura
astronomica in ciascuno dei quattro quadranti e del ciclo sinodico lunare,
come si può evincere dal capitolo del quadr.
che tratta dei segni maschili e femminili[15].
Questo significa, ed è qui una prima conclusione, che le facoltà
dell'anima vegetativa abitano nei periodi naturali del tempo e si muovono
in essi non secondo un modo continuo, ma diastematico, secondo gli
intervalli propri dell'accordo di quarta. Ne consegue che il corpo stesso,
qualora lo volessimo dividere in tre parti, potrà adattarsi a questa
tripartizione dei segni. Ai segni tropici il limite esterno delle membra:
la cute e l'epidermide e le parti carnose, onde Tolemeo[16]
dichiara che le malattie della pelle nascono massimamente quando la Luna
si muove nei segni solstiziali ed equinoziali; ai solidi le parti più
solide e dure, quali sono le ossa ed essi sono invero concausa delle
gibbosità, claudicazioni, lussazioni e fratture; ai bicorporei, infine,
le parti più minute, quali le vene e i nervi e lo scorrere stesso degli
umori, che sono sottili e assumono varii stati; e vediamo ai bicorporei
essere riferite affezioni quali la chiragra e la podagra. Questa
tripartizione dei segni è elencata da Serapione di Alessandria
nell'equazione: bicorporea = nervosa, tropica = carnosa, ossea = solida[17].
Nel giudizio che Tolemeo dà di questa triplice
natura dei segni in connessione ai moti dell'anima, egli esprime virtù
che son proprie dell'animo umano, non dell'animale o della pianta. In
altre parole, egli moralizza le facoltà dell'anima vegetativa ed esse
risultano essere virtù, che nel Manuale
di armonia aveva descritto nella triade: temperanza, continenza,
pudore. In
generale, i segni tropici rendono gli animi acconci a trattare le
pubbliche faccende, desiderosi degli uffici civili
ed inoltre ambiziosi, dediti al culto,
ingegnosi, solerti, indagatori, atti alla ricerca, abili al
congetturare e divinatori ed astronomi. I segni bicorporei rendono gli
animi multiformi, mutevoli, difficili a conoscere, instabili, che mutano
volentieri proposito, doppi,
sensuali, versatili,
amanti della musica, tardi, di
pronta percezione, inclini al
rimpianto e al malcontento. I segni solidi rendono gli animi giusti,
alieni dall'adulazione, costanti, coerenti,
atti a intendere bene e prontamente, tolleranti,
laboriosi, rigidi, moderati,
memori delle ingiurie subite, solleciti nel compiere,
contenziosi, ambiziosi, sediziosi, avidi, duri, inflessibili. Tutte le analoghe definizioni delle qualità
effettrici di questi segni, delle quali la letteratura astrologica è
ricchissima, non seguono di norma un'esposizione secondo la loro
successione temporale, ma danno prima gli estremi, quindi il medio. Questa
qualità media è bene espressa dal segno solido e, nei giudizi che sono
riferiti alle iniziative, la loro facoltà propria, che è del mantenere e
dell'esprimere con forza, è assai più evidente. Citiamo ad esempio dalla
compilazione sui segni tropici, solidi, bicorporei ascritta ad Orfeo, e
che dovrebbe verisimilmente essere posta sotto la paternità di Teofilo di
Edessa: Quattro
sono i segni solidi: Toro, Leone, Scorpione, Acquario. Nei segni solidi i
possedimenti e gli acquisti sono sicuri. In segno solido devi prender
moglie e la sua dote. Nei segni solidi devi dare alla luce il risultato
dei tuoi lavori, si compiono infatti i propositi. Certa nei segni solidi
è la separazione dalle donne, chi fugge non farà ritorno, né il ladro
verrà trovato a tempo e la partenza dal proprio paese è cosa sicura. Chi
diviene ostile nei segni solidi, si riconcilierà tardi. Nei segni solidi
la sentenza è certa e i giusti non si ribellano. Perniciosa è la
malattia nei segni solidi: o porta la morte o allunga il morbo, se non
termina entro sette giorni. Infausti sono i ceppi nel segno solido, poiché
chi si è adirato non muta sentimento. Se qualcuno vorrà offrire denaro
nei segni solidi, non lo darà. Nei segni solidi si dia inizio a
intrattenimenti virtuosi, alla musica. È conveniente nei segni solidi
scrivere contratti, poiché le scritture saranno oneste. Chi serve come
soldato nei segni solidi, rimarrà assolutamente nella propria milizia e
non passerà sotto un altro generale. Nei segni solidi si deve dare inizio
a celebrazioni, danze e ad ogni cosa opportuna e vantaggiosa, allo stesso
modo che nei tropici si deve cominciare quanto è incommodo e ordinario,
giacché ciò che nasce nei solidi permane stabile e nei tropici è
soggetto a mutamento. Queste cose significano i predetti segni quando
sorgono e quando contengono la Luna[18].
Il
segno solido è detto in greco stereon, che esprime l'idea di solidità,
compattezza e durezza ed ha pertanto l'accezione morale di robusto,
vigoroso, energico ed altresì di rigido e crudele. Nell'astrologia
indiana il termine fu tradotto con l'equivalente sthira,
che ha come significati metaforici "ciò che è privo di dubbio e
quindi certo, fedele"[19].
Più raramente troviamo il termine dhruva,
la cui accezione prima è "ciò che è fisso, immobile" ed è
anche il nome della stella polare e del polo celeste medesimo.
Nell'astrologia di lingua latina viene reso con solidum,
onde lo possiamo considerare termine tecnico del lessico astrologico.
Soltanto a partire dal medioevo troviamo l'aggettivo fixum,
che è un calco dall'arabo thâbit,
che proviene non già dall'accezione prima del termine arabo, ma dalla
denominazione delle stelle fisse in arabo: al-kawâkib al-thâbitât. In
arabo, il termine thâbit ha una grande ricchezza di accezioni, che
convengono al significato medesimo che la letteratura astrologica ha
assegnato ai segni solidi. Esso significa ciò che è stabilito, fermo,
costante e significa l'uomo che ha sangue freddo, che si muove di un passo
fermo. Thâbit è aggettivo verbale di thabata, che significa il
perseverare in una cosa, consolidare, resistere a qualcuno e lottare
contro qualcuno. Ed altresì: stabilirsi, fissarsi da qualche parte,
l'agire con lentezza, ma altresì l'effettuare, il compiere una cosa. Ed
ancora: l'essere legato, attaccato a qualcosa, l'avere pazienza,
longanimità, il trovare che qualcosa è buona e vera. D'altro canto,
thabt è la fermezza di cuore e athbât sono gli uomini sicuri, sui quali
si può contare. Possiamo infine notare che la caratteristica dei segni
solidi di rifuggire dall'adulazione trova
un perfetto riscontro nel termine istithbât, che viene pur sempre da
thabata e denota la figura retorica che consiste in ciò che sembra esser
detto a mo' di rimprovero e che contiene in realtà un elogio. Si deve
osservare che l'accezione di "certo" e di "vero" che
troviamo espresse nell'accezione stessa del segno solido, è sovente
affermata nei testi astrologici. Degli undici modi che certificano il
prodursi degli eventi, il nono, scrive Demofilo, è l'essere i pianeti in
segno solido, giacché allora i benefici consolidano (stereousi) il bene,
i malefici il male[20].
Di nuovo, sovente leggiamo che la Luna e l'oroscopo in segni solidi fanno
le cose certe, nei bicorporei le probabili, nei tropici le mutevoli e
volubili[21]. Da quanto detto, appare che i giudizi connessi ai
segni solidi, come pure ai tropici e ai bicorporei, rilevano da una
stretta analogia col significato primo di questa tripartizione dei segni.
Non è sempre così per l'insieme della letteratura apotelesmatica
relativa ai segni dello zodiaco. Si mantiene stretta analogia col
significato primo quando si dice che i segni maschili convengono agli
uomini, i femminili alle donne. L'analogia passa attraverso una metafora
quando viene detto che i segni afoni convengono alla riservatezza, gli
impudichi al perdersi d'animo[22],
i mutilati a quanto avviene per rapina o alle azioni condivise, quelli che
hanno abbondante seme o scarso o nullo ai clienti degli avvocati, ai
discepoli, quelli che hanno corna ai comandanti militari e ai pugili[23].
Si passa infine al contrasto quando si dice che i segni afoni convengono
ai suonatori di tromba e di flauto[24].
Vi è poi da notare che questa tripartizione dei segni è iscritta in un
decorso temporale, esprime qualcosa rispetto al tempo degli eventi:
l'opinione comune vuole che i segni tropici significhino i giorni, i
bicorporei i mesi, i solidi gli anni[25]. Infine, poiché la formulazione del giudizio
astrologico non dipende da un solo criterio, ma da molti, non solo la
mobilità o la solidità del segno danno la natura dell'evento. Dice ad
esempio Sahl ibn Bisr che di tutti i segni tropici i più mobili sono
l'Ariete e il Cancro, tra quelli solidi il Leone è il più solido, lo
Scorpione il meno solido[26].
Occorre poi notare in quali parti dei segni si trovano gli astri
significanti l'evento. Scrive infatti Giuliano di Laodicea: Occorre
rivolgere l’attenzione anche ai confini ovvero ai loro signori e
combinarli nel giudizio complessivo. Portiamo ad esempio un solo caso: sia
la considerazione riguardo a segni tropici, diciamo pertanto che vi è un
mutamento; ma nei confini di Saturno con lentezza, in quelli di Giove o di
Mercurio dopo poco tempo, in quelli di Marte inaspettatamente e
all’improvviso, in quelli di Venere non senza scoramento; e se i signori
sono in segni o confini solidi o stazionano, ciò conviene alla lentezza,
se in tropici o se non stazionano alla rapidità[27]. Si deve quindi
considerare la disposizione degli astri nel suo complesso. In questo modo,
da una natura semplice e indivisibile, il cui effetto pertanto permane, si
giunge alla determinazione di un evento mediante la commistione di tutti i
fattori concorrenti. [1] Cfr. A. Delatte, Etudes sur la littérature pythagoricienne, Paris 1915, pag. 185. [2] I.Th. Buhle, Arati Solensis Phaenomena et Diosemeia... Scholia vetera quae supersunt ad Germanici Caesari prognostica, Lipsiae 1801, II, pag. 110. [3] Die Harmonielehre des Klaudios Ptolemaios, a cura di I. Düring, Göteborgs Högskolas Årsskrift n.35, 1930, III, 5. [4] Summa Theologiæ I, 76, 7, c. [5] Cfr. Andrea Argoli, De Diebus Criticis et Aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1639, pag. 4. [6] Cfr. Cl. Ptolemæus, De iudicandi facultate et animi principatu, ed. Fr. Lammert, Lipsiæ 1961, pagg. 19ss. [7] Compilatio Leopoldi ducatus Austrie filii de astrorum scientia... IV, 1. [8] quadr. II, 11. [9] Liber quadripartiti Ptholemei..., Venetiis 1493, cc. 19rb. [10] AbuMas’ar al-Balhi, Liber Introductorii maioris ad scientiam judiciorum astrorum (II, 7), éd. R. Lemay, Napoli 1995, II, pag. 128,335. [11] Cfr. P. d’Ailly, XIV Quaestiones… Quaestio XIII, Venetiis 1531 cc. 163v. [12] Summa Theologiae, I, 76, 7, c. [13] Cfr. Andrea Argoli, De Diebus Criticis et de Aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1639, pag. 4. [14] Cfr. Ptolemaeus, De iudicandi facultate et animi principatu, ed. Fr. Lammert, Lipsiae 1961, pagg. 19ss. [15] Cfr. il commento di Ali ibn Ridwan (Liber quadripartiti Ptholemei... op. cit., cc. 19vb) e John of Eshenden, Summa astrologiae iudicialis de accidentibus mundi..., Venetiis 1489, cc. 41ra. [16] quadr. III, 12. [17] Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum (CCAG) V/3 pag. 97,10. [18] Orfeo intorno ai dodici tropi: dei segni che sorgono all’oroscopo, in: Catalogus Codicum Astrologorum Græcorum (Codices rossici) XII, Bruxelles 1936, pagg. 158-161, che dà la trascrizione del ms. Cod. Bibl. Publ. Græc. 575, Mosca. Questi pronostici furono pubblicati da O. Kern, Orphicorum Fragmenta, Berolini 1922, pag. 293, che li ritenne una parte del poema perduto “sulle iniziative (peri katarcwn). Il ms. russo ci riporta una stesura più ampia di quella accolta da Kern. [19] Cfr. Varâhamihira, Brihajâtaka I, 11; Laghujâtaka I, 8. [20] CCAG V/4, pag. 227,10. [21] Cfr. Hephaestio III, 11; ed. D. Pingree pag. 267,5. [22] Giuliano di Laodicea, CCAG V/1, pagg. 187-188. [23] Cfr. Marcianus gr. 324 fo. 144r, Parisinus gr. 2501 fo. 196r, Laurentianus 28,13 fo. 214r. [24] Giuliano di Laodicea, ibid. [25] Cfr. ad esempio Parisinus gr. 2425 fo. 50r, cap. 63; Parisinus gr. 2506 fo. 41r, cap. 62; Marcianus gr. 334 fo. 80, cap. 97; Marcianus gr. 335 fo. 184, cap. 259. [26] Introductorium de principiis iudiciorum Zahelis Ysmaelitae, in: Liber quadripartiti Ptholemei... cit., cc. 138vb. [27] CCAG V/1 pag. 191,11. |