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Considerazioni sui segni solidi

Giuseppe Bezza


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I segni dello zodiaco hanno diverse denominazioni in accordo alle diverse nature che gli astrologi hanno riconosciuto in loro. Queste nature o sono per sé o sono in rapporto ad altro: le prime dipendono unicamente dal moto dello zodiaco, le seconde dalle relazioni che con i segni hanno i due luminari e i cinque astri erranti.

La prima divisione dei segni per sé è quella che Tolemeo ricorda in quadr. I, 11 e costituisce la loro prima denominazione qualitativa: i segni sono distinti in mobili, solidi, bicorporei. Ad essa seguirà la divisione per genere, maschile e femminile. Questa prima divisione dei segni è in primo luogo una distinzione qualitativa del tempo, di cui lo zodiaco vuole essere misura; ma in secondo luogo può essere assunta come una differenziazione qualitativa delle diverse parti dello zodiaco. D'altro canto, circa tre secoli prima dell'evidenza di una letteratura astrologica erudita e matematicamente fondata, abbiamo testimonianza dell'uso dei segni zodiacali come misura temporale nei parapegmata di Metone ed Euctemone.

Diviso l'anno in quattro parti secondo i solstizi e gli equinozi, ciascuna di esse deve avere un proprio, distintivo temperamento. Questo temperamento, poiché è generato nel tempo, deve avere un'insorgenza e una dissoluzione e, tra questi due estremi, vi ha da essere necessariamente un medio che costituisca l'espressione che meglio conviene alla semplicità del temperamento medesimo.

Bisogna notare che delle due divisioni primarie, quella che dipende da qualcosa che è altro da sé costituisce la parte più tecnica dell'arte astrologica e può non essere accolta da tutti gli uomini di scienza, non da tutti i filosofi. Per questo motivo, Keplero, ad esempio, e Placido Titi la rifiutarono a loro tempo. Al contrario, la divisione che si fonda su distinzioni qualitative del tempo non abbisogna di argomentazioni inerenti alla tecnica astrologica. Per questo motivo fu generalmente accettata anche al di fuori dell'ambito astrologico. Una compilazione medica di ispirazione pitagorica dice che la parte mediana di ogni stagione esprime il temperamento più puro ( thn eilikrinhstathn... krasin) )[1] e negli scholia agli Aratea di Germanico, che non è un testo astrologico, possiamo leggere la definizione del to poion, delle nature effettrici di questi diversi temperamenti dei segni:

 

i segni tropici presiedono alle terre straniere e presentano di volta in volta impulsi e propositi affatto diversi; i segni biformi significano la ripetizione di ogni cosa generata e talora ritardi e rinvii; i solidi portano a compimento con energia e con ardore e conducono all'esito ogni cosa, sia prospera od avversa, secondo che sono osservati da stelle giovevoli o contrarie[2].

 

Sappiamo che i segni dello zodiaco hanno ricevuto un gran numero di denominazioni: nella letteratura di lingua greca se ne contano diverse centinaia. Ogni denominazione rivela un particolare comportamento o modo d'essere; e può riferirsi al segno matematico e immateriale (dwdekathmorion ), al segno materiale composto di stelle e di figure (eidwlon, zwdion), al segno in quanto espressione di una natura elementare (stoiceion) e, infine, alla natura che il segno assume per il suo rapporto con i pianeti. Di tutte queste denominazioni, quelle che rilevano dal tempo, le sole che qui ci interessano, appartengono al primo tipo e il loro comportamento è descritto nel capitolo del quadr. ove Tolemeo tratta dell'animo umano.

Per comprendere questo capitolo è necessario riandare alla teoria greca dell'anima o, meglio, a quanto Tolemeo recepisce di questa teoria. Nel Manuale di armonia, Tolemeo propone due distinzioni tripartite dell'anima, la prima delle quali è aristotelica e può essere definita, secondo Alessandro d'Afrodisia, nel modo seguente:
- nutritiva o sensitiva
- vegetativa o appetitiva
- razionale o intellettiva

La prima comprende le facoltà proprie della pianta, la seconda quelle che sono proprie dell'animale, la terza concerne quelle sole che sono dell'essere umano. Ora, le facoltà dell'anima devono essere pari in numero agli accordi consonanti, quali sono codificati dalle leggi dell'armonia, in modo che le facoltà delle funzioni inferiori, essendo parziali, corrispondano alle specie degli accordi parziali, ovvero di quarta e di quinta. Vi è quindi un intimo rapporto, secondo il matematico alessandrino, tra gli intervalli consonanti e le parti dell'anima: l'ottava si accorda alla funeione razionale dell'animo, giacché in entrambe vi è il semplice, l'uguale, l'indiviso; la quinta alla facoltà sensitiva, la quarta alla facoltà vegetativa. Queste analogie sono poste da Tolemeo nel modo che segue:

 

Tre sono le parti principali dell’animo: l’intellettiva, la sensitiva, la vegetativa e tre sono i primi intervalli omofoni e consonanti: l’ottava omofona e la quinta e la quarta consonanti. Ora, l’ottava si accorda alla facoltà intellettiva, poiché in entrambe vi è soprattutto il semplice, l’uguale e l’indiviso, la quinta alla facoltà sensitiva, la quarta alla facoltà vegetativa. Invero, la quinta è più prossima all’ottava che non la quarta, in quanto più consonante, poiché il suo eccesso la rende più vicina all’uguaglianza ed inoltre la facoltà sensitiva è più vicina all’intellettiva che non la vegetativa, in quanto partecipa in qualche modo della sensazione. Infatti, dove vi è essere non sempre vi è sensazione, ove vi è sensazione non sempre vi è intelletto. Al contrario, ove vi è sensazione vi è anche essere, ove vi è intelletto vi è anche sensazione ed essere. Allo stesso modo, dove vi è la quarta non vi è la quinta, né laddove è la quinta vi è l’ottava; al contrario, dove vi è la quinta, sempre vi è anche la quarta e dove vi è l’ottava sempre vi è anche la quinta e la quarta, perché le une sono proprie di commistioni e modulazioni imperfette, le altre delle perfette[3].

 

Ove vi è essere non sempre vi è sensazione, ove vi è sensazione non sempre vi è intelletto, ovvero: la perfezione dell'essere richiede la specificità della causa agente, mentre l'universalità della causa agente porta alla generazione di esseri semplici e indifferenziati. L'essere è quindi la condizione primaria del vivere, la più semplice e l'operazione dei cieli che deve rispondere ad essa deve essere universale ed indifferenziata. Secondo una concezione diffusa nel Medioevo, si stimava che, per il tramite del moto della sfera più esterna, il primo mobile, il corpo ricevesse l'anima vegetativa e per il concorso del moto dell'ottava sfera accogliesse in sé le funzioni dell'anima sensitiva. Queste opinioni sono condannate da s. Tommaso[4] e tuttavia saranno riprese in modo positivo fino al XVII secolo[5].

Si tratta tuttavia di una concezione che non è estranea alla tripartizione tolemaica dell'animo in questo: il cerchio che, nel suo moto, genera distinzioni qualitative parziali, non può che generare le funzioni inferiori dell'animo. E questo cerchio è il primo mobile, che trascina lo zodiaco nella sua rotazione annua e diurna. Sempre nel Manuale di armonia, Tolemeo dice che questo cerchio si muove secondo un ritmo ternario, in accordo all'anima vegetativa e secondo un ritmo quaternario, in accordo all'anima sensitiva. In effetti, da null'altro le dodici parti dello zodiaco hanno ricevuto le loro qualità, se non per il tramite degli intervalli di quarta e di quinta: tramite l'intervallo di quarta i segni sono distinti in mobili, solidi e bicorporei, tramite l'intervallo di quinta in segni elementati: ignei, terrei, aerei e acquei.

Pertanto, e questa è la prima conclusione, le funzioni dell'anima vegetativa possiedono tre facoltà, uguali in numero alla prima distinzione qualitativa dei segni: la facoltà del crescere, dell'esercitare forza e vigore, di declinare e decrescere. Per contro, le funzioni dell'anima sensitiva possiedono quattro facoltà, uguali in numero alla seconda distinzione qualitativa dei segni: la vista, l'odorato, il gusto (essendo il tatto riconosciuto da Tolemeo comune a tutti i sensi). Queste ultime facoltà giungono al loro compimento, per usare un'espressione medievale, nell' elementatio naturæ, poiché la vista risponde al fuoco, l'udito all'aria e all'odorato, al gusto, al tatto l'acqua e la terra[6].

Crescita, vigore, declino sono pertanto qualità dei segni dello zodiaco in ciascuna delle quattro parti dell'anno: il crescere è proprio del segno tropico, che dà inizio al tempo nuovo, il vigore del solido, che questo tempo conferma, il declinare del bicorporeo, che è così definito poiché già partecipa del tempo futuro. Il loro significato proprio è concisamente definito da Leopoldo: “I segni tropici significano la rapidità, i solidi la stabilità, i bicorporei l'alterazione”[7].

In effetti Tolemeo mostra la diversa natura di questi segni (come pure di quelli distinti per genere) in virtù del moto del Sole: “Questi segni presero nome dall'evento che in essi si produce”[8], e Ibn Ridwan insiste su questo punto: Noi possiamo sapere le virtù dei segni solo grazie al mutamento che il Sole opera in essi. Da questa premessa, ne trae una conclusione: “I segni non hanno per sé alcun effetto naturale, ma il loro effetto consiste nel mutamento che la virtù del Sole opera in essi e inoltre dalla virtù delle altre stelle quando li attraversano. I segni, pertanto, ci appaiono come materia, le stelle come forma”[9]. Al modo medesimo di Tolemeo, Alcabizio nel suo Introductorium e AbuMa’sar descrivono la natura di questi segni: il Sole nei tropici manifesta il mutamento del tempo (intiqal az-zaman) e i segni tropici sono così chiamati (munqalabah) poiché in essi vi è il mutare, il trasformare (qalaba); i segni solidi manifestano la forza del tempo (quwwa az-zaman)[10].

 

A questa separazione tra influsso indifferenziato e universale e influsso specifico conviene la distinzione primaria, nell'astronomia medievale, tra orbis totalis e orbis partialis: la prima è ogni orbita concentrica che ha per centro il centro della Terra (centrum mundi), la seconda ogni orbita eccentrica il cui centro è un punto geometrico che non coincide con il centro della Terra. Orbes partiales sono tutte le sfere planetarie, gli eccentrici e gli epicicli, mentre l’orbis totalis per eccellenza è il primum mobile[11]. Nel medioevo molti ritennero che in virtù del moto della sfera più esterna, il primum mobile, il corpo assumesse l'anima vegetativa, mentre con il concorso del moto dell'ottava sfera giungessero al corpo le facoltà dell'anima sensitiva. Questa opinione è rifiutata da s. Tommaso[12] e nondimeno viene ricordata positivamente fino al XVII secolo[13].

Questa concezione non è tuttavia estranea alla tripartizione tolemaica dell'anima in questo: i moti più semplici devono convenire con le parti più basse dell'anima. Dice inoltre Tolemeo che questi moti presentano un ritmo ternario nell'anima vegetativa, un ritmo quaternario nell'anima sensitiva. Vi sono pertanto tre facoltà per l'anima vegetativa: il crescere, il vigore e il declinare e quattro per l'anima sensitiva: vista, udito, olfatto, gusto (il tatto a tutti i sensi essendo comune). Queste ultime facoltà si realizzano nell'elementatio naturae, poiché all'udito risponde l'aria, alla vista il fuoco, all'olfatto, al gusto e al tatto l'acqua e la terra[14]. Quanto alle prime, si esprimono nel moto più semplice, che tutti gli altri moti comprende ed abbraccia: un moto che deve essere percepibile ai sensi, definibile per misura e per qualità, come è dei periodi naturali del tempo: l'anno e il giorno.

Sono inoltre qualità delle case della figura astronomica in ciascuno dei quattro quadranti e del ciclo sinodico lunare, come si può evincere dal capitolo del quadr. che tratta dei segni maschili e femminili[15]. Questo significa, ed è qui una prima conclusione, che le facoltà dell'anima vegetativa abitano nei periodi naturali del tempo e si muovono in essi non secondo un modo continuo, ma diastematico, secondo gli intervalli propri dell'accordo di quarta. Ne consegue che il corpo stesso, qualora lo volessimo dividere in tre parti, potrà adattarsi a questa tripartizione dei segni. Ai segni tropici il limite esterno delle membra: la cute e l'epidermide e le parti carnose, onde Tolemeo[16] dichiara che le malattie della pelle nascono massimamente quando la Luna si muove nei segni solstiziali ed equinoziali; ai solidi le parti più solide e dure, quali sono le ossa ed essi sono invero concausa delle gibbosità, claudicazioni, lussazioni e fratture; ai bicorporei, infine, le parti più minute, quali le vene e i nervi e lo scorrere stesso degli umori, che sono sottili e assumono varii stati; e vediamo ai bicorporei essere riferite affezioni quali la chiragra e la podagra. Questa tripartizione dei segni è elencata da Serapione di Alessandria nell'equazione: bicorporea = nervosa, tropica = carnosa, ossea = solida[17].

Nel giudizio che Tolemeo dà di questa triplice natura dei segni in connessione ai moti dell'anima, egli esprime virtù che son proprie dell'animo umano, non dell'animale o della pianta. In altre parole, egli moralizza le facoltà dell'anima vegetativa ed esse risultano essere virtù, che nel Manuale di armonia aveva descritto nella triade: temperanza, continenza, pudore.

 

In generale, i segni tropici rendono gli animi acconci a trattare le pubbliche faccende, desiderosi degli uffici civili ed inoltre ambiziosi, dediti al culto, ingegnosi, solerti, indagatori, atti alla ricerca, abili al congetturare e divinatori ed astronomi. I segni bicorporei rendono gli animi multiformi, mutevoli, difficili a conoscere, instabili, che mutano volentieri proposito, doppi,  sensuali, versatili, amanti della musica, tardi, di pronta percezione, inclini al rimpianto e al malcontento. I segni solidi rendono gli animi giusti, alieni dall'adulazione, costanti, coerenti, atti a intendere bene e prontamente, tolleranti, laboriosi, rigidi, moderati, memori delle ingiurie subite, solleciti nel compiere, contenziosi, ambiziosi, sediziosi, avidi, duri, inflessibili.

 

Tutte le analoghe definizioni delle qualità effettrici di questi segni, delle quali la letteratura astrologica è ricchissima, non seguono di norma un'esposizione secondo la loro successione temporale, ma danno prima gli estremi, quindi il medio. Questa qualità media è bene espressa dal segno solido e, nei giudizi che sono riferiti alle iniziative, la loro facoltà propria, che è del mantenere e dell'esprimere con forza, è assai più evidente. Citiamo ad esempio dalla compilazione sui segni tropici, solidi, bicorporei ascritta ad Orfeo, e che dovrebbe verisimilmente essere posta sotto la paternità di Teofilo di Edessa:

 

Quattro sono i segni solidi: Toro, Leone, Scorpione, Acquario. Nei segni solidi i possedimenti e gli acquisti sono sicuri. In segno solido devi prender moglie e la sua dote. Nei segni solidi devi dare alla luce il risultato dei tuoi lavori, si compiono infatti i propositi. Certa nei segni solidi è la separazione dalle donne, chi fugge non farà ritorno, né il ladro verrà trovato a tempo e la partenza dal proprio paese è cosa sicura. Chi diviene ostile nei segni solidi, si riconcilierà tardi. Nei segni solidi la sentenza è certa e i giusti non si ribellano. Perniciosa è la malattia nei segni solidi: o porta la morte o allunga il morbo, se non termina entro sette giorni. Infausti sono i ceppi nel segno solido, poiché chi si è adirato non muta sentimento. Se qualcuno vorrà offrire denaro nei segni solidi, non lo darà. Nei segni solidi si dia inizio a intrattenimenti virtuosi, alla musica. È conveniente nei segni solidi scrivere contratti, poiché le scritture saranno oneste. Chi serve come soldato nei segni solidi, rimarrà assolutamente nella propria milizia e non passerà sotto un altro generale. Nei segni solidi si deve dare inizio a celebrazioni, danze e ad ogni cosa opportuna e vantaggiosa, allo stesso modo che nei tropici si deve cominciare quanto è incommodo e ordinario, giacché ciò che nasce nei solidi permane stabile e nei tropici è soggetto a mutamento. Queste cose significano i predetti segni quando sorgono e quando contengono la Luna[18].

 

Il segno solido è detto in greco stereon, che esprime l'idea di solidità, compattezza e durezza ed ha pertanto l'accezione morale di robusto, vigoroso, energico ed altresì di rigido e crudele. Nell'astrologia indiana il termine fu tradotto con l'equivalente sthira, che ha come significati metaforici "ciò che è privo di dubbio e quindi certo, fedele"[19]. Più raramente troviamo il termine dhruva, la cui accezione prima è "ciò che è fisso, immobile" ed è anche il nome della stella polare e del polo celeste medesimo. Nell'astrologia di lingua latina viene reso con solidum, onde lo possiamo considerare termine tecnico del lessico astrologico. Soltanto a partire dal medioevo troviamo l'aggettivo fixum, che è un calco dall'arabo thâbit, che proviene non già dall'accezione prima del termine arabo, ma dalla denominazione delle stelle fisse in arabo: al-kawâkib al-thâbitât. In arabo, il termine thâbit ha una grande ricchezza di accezioni, che convengono al significato medesimo che la letteratura astrologica ha assegnato ai segni solidi. Esso significa ciò che è stabilito, fermo, costante e significa l'uomo che ha sangue freddo, che si muove di un passo fermo. Thâbit è aggettivo verbale di thabata, che significa il perseverare in una cosa, consolidare, resistere a qualcuno e lottare contro qualcuno. Ed altresì: stabilirsi, fissarsi da qualche parte, l'agire con lentezza, ma altresì l'effettuare, il compiere una cosa. Ed ancora: l'essere legato, attaccato a qualcosa, l'avere pazienza, longanimità, il trovare che qualcosa è buona e vera. D'altro canto, thabt è la fermezza di cuore e athbât sono gli uomini sicuri, sui quali si può contare. Possiamo infine notare che la caratteristica dei segni solidi di rifuggire dall'adulazione  trova un perfetto riscontro nel termine istithbât, che viene pur sempre da thabata e denota la figura retorica che consiste in ciò che sembra esser detto a mo' di rimprovero e che contiene in realtà un elogio. Si deve osservare che l'accezione di "certo" e di "vero" che troviamo espresse nell'accezione stessa del segno solido, è sovente affermata nei testi astrologici. Degli undici modi che certificano il prodursi degli eventi, il nono, scrive Demofilo, è l'essere i pianeti in segno solido, giacché allora i benefici consolidano (stereousi) il bene, i malefici il male[20]. Di nuovo, sovente leggiamo che la Luna e l'oroscopo in segni solidi fanno le cose certe, nei bicorporei le probabili, nei tropici le mutevoli e volubili[21].

Da quanto detto, appare che i giudizi connessi ai segni solidi, come pure ai tropici e ai bicorporei, rilevano da una stretta analogia col significato primo di questa tripartizione dei segni. Non è sempre così per l'insieme della letteratura apotelesmatica relativa ai segni dello zodiaco. Si mantiene stretta analogia col significato primo quando si dice che i segni maschili convengono agli uomini, i femminili alle donne. L'analogia passa attraverso una metafora quando viene detto che i segni afoni convengono alla riservatezza, gli impudichi al perdersi d'animo[22], i mutilati a quanto avviene per rapina o alle azioni condivise, quelli che hanno abbondante seme o scarso o nullo ai clienti degli avvocati, ai discepoli, quelli che hanno corna ai comandanti militari e ai pugili[23]. Si passa infine al contrasto quando si dice che i segni afoni convengono ai suonatori di tromba e di flauto[24]. Vi è poi da notare che questa tripartizione dei segni è iscritta in un decorso temporale, esprime qualcosa rispetto al tempo degli eventi: l'opinione comune vuole che i segni tropici significhino i giorni, i bicorporei i mesi, i solidi gli anni[25].

Infine, poiché la formulazione del giudizio astrologico non dipende da un solo criterio, ma da molti, non solo la mobilità o la solidità del segno danno la natura dell'evento. Dice ad esempio Sahl ibn Bisr che di tutti i segni tropici i più mobili sono l'Ariete e il Cancro, tra quelli solidi il Leone è il più solido, lo Scorpione il meno solido[26]. Occorre poi notare in quali parti dei segni si trovano gli astri significanti l'evento. Scrive infatti Giuliano di Laodicea:

 

Occorre rivolgere l’attenzione anche ai confini ovvero ai loro signori e combinarli nel giudizio complessivo. Portiamo ad esempio un solo caso: sia la considerazione riguardo a segni tropici, diciamo pertanto che vi è un mutamento; ma nei confini di Saturno con lentezza, in quelli di Giove o di Mercurio dopo poco tempo, in quelli di Marte inaspettatamente e all’improvviso, in quelli di Venere non senza scoramento; e se i signori sono in segni o confini solidi o stazionano, ciò conviene alla lentezza, se in tropici o se non stazionano alla rapidità[27].

 

Si deve quindi considerare la disposizione degli astri nel suo complesso. In questo modo, da una natura semplice e indivisibile, il cui effetto pertanto permane, si giunge alla determinazione di un evento mediante la commistione di tutti i fattori concorrenti.

I limiti di questa relazione non consentono di proseguire con riflessioni ulteriori. Ma, poiché i segni tropici, solidi e biformi rilevano dalla ciclicità del tempo e ne dimostrano la scansione, qualcuno potrebbe chiedersi: Se l'uomo necessita, nell'anima e nel corpo, continuità e stabilità, stati connessi alla semplicità e all'integrità dell'essere, non possono i segni solidi significxare qualcosa di più nell'essere umano e nel suo destino? Bisognerebbe forse porsi prima un'altra domanda: perché AbuMa’sar, nel Kitâb al-mudh“al al-saghir[28], dà alla sorte di Venere una denominazione particolare, sahm al-t–abât, sorte della permanenza, la pars stabilitratis o pars durationis del Medioevo latino?


[1] Cfr. A. Delatte, Etudes sur la littérature pythagoricienne, Paris 1915, pag. 185.

[2] I.Th. Buhle, Arati Solensis  Phaenomena et Diosemeia... Scholia vetera quae supersunt ad Germanici Caesari prognostica, Lipsiae 1801, II,  pag. 110.

[3] Die Harmonielehre des Klaudios Ptolemaios, a cura di I. Düring, Göteborgs Högskolas Årsskrift n.35, 1930, III, 5.

[4] Summa Theologiæ I, 76, 7, c.

[5] Cfr. Andrea Argoli, De Diebus Criticis et Aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1639, pag. 4.

[6] Cfr. Cl. Ptolemæus, De iudicandi facultate et animi principatu, ed. Fr. Lammert, Lipsiæ 1961, pagg. 19ss.

[7] Compilatio Leopoldi ducatus Austrie filii de astrorum scientia... IV, 1.

[8] quadr. II, 11.

[9] Liber quadripartiti Ptholemei..., Venetiis 1493, cc. 19rb.

[10] AbuMas’ar al-Balhi, Liber Introductorii maioris ad scientiam judiciorum astrorum (II, 7), éd. R. Lemay, Napoli 1995, II, pag. 128,335.

[11] Cfr. P. d’Ailly, XIV Quaestiones… Quaestio XIII, Venetiis 1531 cc. 163v.

[12] Summa Theologiae, I, 76, 7, c.

[13] Cfr. Andrea Argoli, De Diebus Criticis et de Aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1639, pag. 4.

[14] Cfr. Ptolemaeus, De iudicandi facultate et animi principatu, ed. Fr. Lammert, Lipsiae 1961, pagg. 19ss.

[15] Cfr. il commento di Ali ibn Ridwan (Liber quadripartiti Ptholemei... op. cit., cc. 19vb) e John of Eshenden, Summa astrologiae iudicialis de accidentibus mundi..., Venetiis 1489, cc. 41ra.

[16] quadr. III, 12.

[17] Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum (CCAG) V/3 pag. 97,10.

[18] Orfeo intorno ai dodici tropi: dei segni che sorgono all’oroscopo, in: Catalogus Codicum Astrologorum Græcorum (Codices rossici) XII, Bruxelles 1936, pagg. 158-161, che dà la trascrizione del ms. Cod. Bibl. Publ. Græc. 575, Mosca. Questi pronostici furono pubblicati da O. Kern, Orphicorum Fragmenta, Berolini 1922, pag. 293, che li ritenne una parte del poema perduto “sulle iniziative (peri katarcwn). Il ms. russo ci riporta una stesura più ampia di quella accolta da Kern.

[19] Cfr. Varâhamihira, Brihajâtaka I, 11; Laghujâtaka I, 8.

[20] CCAG V/4, pag. 227,10.

[21] Cfr. Hephaestio III, 11; ed. D. Pingree pag. 267,5.

[22] Giuliano di Laodicea, CCAG V/1, pagg. 187-188.

[23] Cfr. Marcianus gr. 324 fo. 144r, Parisinus gr. 2501 fo. 196r, Laurentianus 28,13 fo. 214r.

[24] Giuliano di Laodicea, ibid.

[25] Cfr. ad esempio Parisinus gr. 2425 fo. 50r, cap. 63; Parisinus gr. 2506 fo. 41r, cap. 62; Marcianus gr. 334 fo. 80, cap. 97; Marcianus gr. 335 fo. 184, cap. 259.

[26] Introductorium de principiis iudiciorum Zahelis Ysmaelitae, in: Liber quadripartiti Ptholemei... cit., cc. 138vb.

[27] CCAG V/1 pag. 191,11.